Territorio e Storia

arcobaleno

Territorio

Superficie: Kmq 38,80

Altitudine: m 1.195 (Capoluogo)

Altezza minima: 1.063 m

Altezza massima: 3.037 m

Distanza da Torino: km 71

Densità: 2,1 abitanti

Massello occupa la parte nord occidentale della Val Germanasca o di S. Martino, di forma pressoché triangolare ed i cui angoli estremi sono: il Bucìe (mt.2998) verso sud, il Grammuel (mt.2977) verso nord, lo sfocio della Germanasca nel Chisone, fra Pomaretto e Perosa Argentina, verso est.

Il comune di Massello confina ad occidente con quello di Pragelato, a nord con quelli di Fenestrelle e Roure, a est con quello di Perrero, a sud con quelli di Salza e Prali.

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Vallone di Massello

Il vallone è percorso dalla Germanasca di Massello, che nasce dalle sorgenti sottostanti il Colle del Pis e forma, a quota 2000 m, la bella cascata del Pis, quindi a valle confluisce nella Germanasca di Prali, poco prima dell’abitato di Perrero.

Sul vallone principale si aprono tre valloni laterali: sulla destra idrografica, nei pressi di Balziglia, il vallone di Ghinivert, sulla sinistra, tra le borgate del Gros e del Piccolo Passet, il vallone del Rabiur, e quello di Culmian tra le borgate Reynaud e Roberso. Ciascuno di essi è percorso da un rio, che ne prende il nome e che confluisce nella Germanasca.

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Pecore al pascolo

Come per altri comuni montani della Val Germanasca l’economia di Massello è (più propriamente era) basata su pastorizia e agricoltura. Segale, patate e fieno sono i prodotti principalmente ricavati dal lavoro della terra. Burro, tome e seirass sono invece i prodotti ricavati dalla lavorazione del latte. Una certa importanza ha avuto anche l’ingrasso dei vitelli.

Integravano un’economia di sussistenza le attività minerarie dirette all’estrazione del talco e (molto anticamente) della pirite (miniere del Beth) ormai scomparse. Significativa era inoltre l’attività dei boscaioli.

Pecore

STORIA

Nonostante la sua eccentricità e la sua esigua popolazione, Massello occupa, nella storia valdese e nelle guerre combattutesi nelle valli per la libertà di coscienza, un posto della più grande importanza che gli ha dato nel secolo XVII una rinomanza europea in due circostanze speciali che ricorderemo.

L’origine del nome deriva probabilmente dalla tribù dei Magelli che, dalla pianura pinerolese, si dovette spingere fino all’estremità occidentale della val San Martino (attuale Val Germanasca) per sfruttarne pascoli e legnami.

Assai poco conosciamo dei primi secoli di esistenza della “villa di Massello”.

Il suo nome compare con certezza solo nel 1347, quando i conti di Savoia riuscirono ad acquistare, da Guglielmino di San Martino, gran parte della valle, fra cui le ville di Balziglia e di Massello, che dovevano costituire appunto i due centri abitati di maggior importanza: di carattere probabilmente pastorale il primo e prevalentemente agricolo il secondo.

Gli antichi abitanti furono sottoposti alle varie famiglie che ebbero signoria sulla valle: all’Abbazia di San Verano, presso Pinerolo, per gli alpeggi del Pis, di Lausun e di Rabiur (v. alpeggi), ai San Martino prima, ai Trucchetti poi, ed ai Vibò, che furono i signori della valle fin verso il principio del XVI secolo.

Ma quel che sappiamo di positivo si è che, verso la metà del ‘400, si iniziavano nella valle di San Martino le prime persecuzioni documentate contro i valdesi e si accendevano i primi roghi… ed i processi di eresia, afferma il Gabotto, “dimostrano irrefragabilmente che verso la metà del secolo XV vi erano già valdesi nella val San Martino”.

Mentre per le vicende relative alle persecuzioni del 1560-61 e 1655 Massello ha avuto un ruolo tutto sommato marginale, non così fu per le guerre del 1686 e del 1689-90.

La Balsiglia. Antica stampa tratta dal “Beattie” 1838.E’ in queste due circostanze, fra le più tragiche della storia valdese, che Massello vede scritto il suo nome nel libro della storia, come personificazione, si può dire, dell’eroico spirito di resistenza, di coraggio, e di fede di tutto il popolo valdese. Per cui crediamo cosa utile ricordare sobriamente quei due eventi storici di cui il vallone alpestre è stato teatro (e di cui può essere fiero).

Ci sia quindi concesso, per comprendere più chiaramente la grande importanza strategica che ha avuto nel passato Massello, ricordare succintamente i fatti che vi si riferiscono direttamente.

Dopo la revoca dell’editto di Nantes, il re di Francia, alleato con il duca Vittorio Amedeo II, decise di cacciare i valdesi dalle loro valli. Incaricato dell’operazione in val San Martino fu il generale Catinat.

La Balsiglia durante l’attacco— antica stampa tratta dal “Beattie”Fra il 22 aprile ed il 1° maggio del 1686, circa 4000 soldati francesi avevano sferrato il loro attacco attraverso la bassa valle di San Martino, mentre altrettanti soldati ducali, con grande ardore distruttivo, avevano assalito Angrogna nella val Luserna.

Il 28 aprile, giorno di domenica, tutta la popolazione della valle di San Martino, come quella del Pellice, si era arresa per aver salva la vita: ad eccezione della comunità di Massello, ostinatamente decisa a resistere e a difendere se stessa e le proprie famiglie fino alla morte.

Contro questi ultimi ostinati della fede e della patria, riparati sui contrafforti dirupati che sovrastano Balziglia, si portò personalmente, con 2000 uomini, il Catinat assalendoli da tre lati contemporaneamente. Cercò per tutto il 3 maggio, invano, di farla finita con quegli intrepidi rifugiati “su una montagna detta per sua fortezza il Castello”. Dopo l’insuccesso il Catinat si ritirò ai Chiotti e incaricò di proseguire le operazioni il Colonnello De Magny.

Assedio della BalsigliaQuesti con 600 uomini scelti assalì i valdesi da quattro punti diversi: ma lui pure ebbe uno smacco, che dovette confessare al suo generale.

Perciò il Catinat, per salvare la sua reputazione, riprese per la seconda volta la strada di Balziglia, per farla finita con quegli ostinati. Ma la pioggia ed una fitta nebbia che avvolgeva il Pelvu, lo costrinse a tornare indietro e a rimandare la sua vendetta a tempo più propizio. Questa potè effettuarsi il 17 maggio, quando con 550 uomini accuratamente scelti, riprese per la terza volta la strada per Massello, col fermo proposito di snidare ed annientare quegli intrepidi combattenti.

Rimasto due giorni sui luoghi, riuscì a sorprendere dall’alto quel manipolo di prodi e ad assalire ad ogni lato la posizione difesa dai valdesi, che rimasero senza via di scampo. E furono tutti massacrati: uomini, donne e fanciulli, in numero di circa 60. Uno solo fu fatto prigioniero e venne impiccato per ordine del Catinat. Tutto era dunque finito. Ed il Catinat, che ai primi di giugno era ancora ai Chiotti, poteva finalmente portarsi a Casale, dove lo aspettavano i suoi compiti di comandante generale di tutte le truppe francesi in Italia.

Quattro anni dopo, Massello è di nuovo al centro di memorabili avvenimenti guerrieri, i cui particolari si possono leggere nella “Glorieuse Rentrée” dell’Arnaud. E’ l’evento più eroico della storia valdese ed uno dei più noti. Ne ricorderemo pochi dati essenziali.

Rientrati nelle loro valli dopo due anni di esilio in terra svizzera, i valdesi si videro di nuovo attaccati dalle truppe ducali e francesi sia in Val Pellice sia nella valle di San Martino. Nell’ottobre 1689, all’avvicinarsi dell’inverno, un gruppo di poco più di trecento individui trovò rifugio sull’altura rocciosa sovrastante Balziglia, detta Castello. I francesi, per il freddo intenso e per la neve caduta ai primi di novembre, si ritirano a Perosa e Pinerolo, mentre i valdesi si diedero febbrilmente a fortificare sul costone che dal Castello si innalza fino al bric d’l’Autin.

Tale massacrante lavoro era alternato coi servizi di guardia e con scorrerie in val Queyras e nel Delfinato, per procurarsi gli indispensabili rifornimenti, in vista dell’inverno che giungeva precoce. L’assistenza morale e spirituale era curata dal condottiero Enrico Arnaud.

Il 29 aprile del 1690, il futuro maresciallo di Francia, Catinat, pratico, come s’è visto, dei luoghi e fiducioso in una facile vittoria, mosse da Pinerolo per Balziglia. Il 2 maggio, con 4000 uomini attaccò i 370 valdesi superstiti: ma fu respinto in mezzo ad una bufera di neve e perse 200 soldati e 20 ufficiali; da parte valdese un solo ferito.

Dopo questo insuccesso, ritiratosi a Pinerolo, il Catinat lasciò al De Feuquières il compito di annientare “quella canaglia”. A tale scopo, il nuovo comandante fece aprire le strade per il trasporto dei cannoni, ritenuti necessari per smantellare le miserabili fortificazioni degli assediati.

Ed il 22 maggio, quando tutto fu pronto, i 5 cannoni cominciarono a tirare assieme alle spingarde, ai falconetti e agli archibugi dei 4000 e più francesi. Fu forzato dal basso il Castello ed i trinceramenti successivi, mentre furono occupati dall’alto gli ultimi posti fortificati dei valdesi che, alla fine della durissima giornata vennero ricacciati verso il centro del costone, sul cosiddetto “Pan di Zucchero”.

Il De Feuquières inebriato dal successo, anticipando gli eventi, scriveva la sera stessa: “… le roi est maistre de tous les retranchements de cette canaille”, come già l’aveva dispettosamente chiamata anche il Catinat. La quale canaglia, come in altre circostanze della lunga sua lotta per l’esistenza, grazie ad una nebbia provvidenziale che anticipò ed accrebbe l’oscurità della notte, grazie alla presenza del capitano Tron-Poulat, originario di quei luoghi, grazie fors’anche alla diminuita sorveglianza di un orgoglioso nemico persuasissimo di aver definitivamente in trappola quei testardi montanari, riuscì miracolosamente, col favor delle tenebre, a sgusciare dalle maglie della sorveglianza francese, mortificando il marchese De Feuquières come aveva fatto, tre settimane prima, con l’illustre Catinat.

I valdesi erano salvi, il duca stava cambiando politica e passava alla Lega di Augusta contro la Francia di Luigi XIV.

L’assedio dei valdesi sui monti di Balziglia è stato sempre considerato come un evento di straordinaria importanza politica e di insuperabile gloria militare. Che un pugno di meno di 450 uomini abbia potuto resistere nel cuore dell’inverno, al di sopra dei 1500 metri, in un paese completamente distrutto e bloccato da ogni lato dai nemici, e fuggire con poche perdite ad un duplice attacco da parte di truppe fra le più agguerrite e meglio armate d’Europa (truppe più che decuple e guidate dai migliori generali della Francia), è sempre stato giudicato come un fatto eccezionale e degno di gloria imperitura. E’ per esso il nome di Balziglia è passato alla storia, come il passo delle Termopili o come la rocca di Montségur.

Le vicende successive concernenti il Comune di Massello sono sì importanti ma possono essere approfondite attraverso la lettura dei due agili testi da dove abbiamo tratto (pressoché copiato) questa sintesi e cioè: T.G. Pons, Massello, Claudiana, 1958 e T.G. Pons, Massello nella storia valdese, Pro Valli, s.d.

Ci limiteremo a ricordare, per quanto riguarda Massello nel XVIII sec. l’occupazione da parte delle truppe francesi, al tempo della guerra di successione spagnola, e la costituzione della “Repubblica del Sale’ nella Val San Martino, in cui gli abitanti poterono praticare liberamente la loro religione riformata (1704-1708).

Durante l’epopea napoleonica vi furono nella valle movimenti di milizie paesane, per la difesa dei passi di confine.

Dopo la concessione dei diritti civili ai valdesi, con le Patenti di Grazia da parte di Carlo Alberto nel 1848, i massellini parteciparono con gli altri italiani alle vicende della patria comune. Il contributo alle due guerre mondiali del secolo scorso è testimoniato dalle lapidi apposte sulla facciata dell’antico presbiterio, nella borgata Reynaud, che ricordano i caduti del Comune.

Il vallone è stato teatro di diverse operazioni militari e di rastrellamenti negli anni della Resistenza, con il sacrificio di civili e partigiani, tra i quali ricordiamo Enrico Gay e Dario Caffaro, caduti alle bergerie di Ghinivert.